Morbo di Haglund in maratoneta

Il caso di un maratoneta e ultramaratoneta affetto da morbo di Haglund.

Fisioterapista e Osteopata: Alessandro Bari (Fisiocenter Multimedica).

Corro da quando ho tredici anni, gli anni sono adesso cinquantasette. Ho iniziato con la pista: 800, 1500 e 2000 metri. Con gli anni la distanza è via via aumentata, arrivando a correre maratone ed ultramaratone. Il correre è sempre stato per me fonte di benessere fisico e soprattutto mentale. Nel 2014, durante la preparazione della maratona di Valencia ho iniziato ad avvertire fastidio al tendine di Achille ed al calcagno, ma i dolori per chi corre tanto sono all’ordine del giorno e, quindi, ho dato poca importanza al fatto: ho risolto i problemi con i soliti antinfiammatori. Il giorno della maratona avvertivo il dolore già in partenza. Al trentesimo chilometro sono stato costretto al ritiro: il dolore era troppo forte.

Dopo un periodo di pausa, ho riprovato ma dopo breve il dolore ricominciava. Mi sono, quindi, rivolto ad un medico che mi ha diagnosticato il morbo di Haglund e mi ha praticato una iniezione di cortisone al tendine dolorante ed un ulteriore periodo di stop. Ho provato in questo periodo ad effettuare sedute di laserterapia e di onde d’urto. Purtroppo, anche dopo la pausa, il dolore persisteva ed iniziavo ad avvertire dolore anche con il semplice camminare. Dopo nuove infiltrazioni e nuove sedute di laser, decidevo di consultare un nuovo medico che mi consigliava l’operazione per risolvere chirurgicamente il mio problema. Dopo un paio di mesi dall’operazione, ho ripreso a correre ma la sensazione di corsa non era più quella dei bei tempi passati. Mi rivolgevo, quindi, ad un amico fisioterapista che, ascoltato il mio calvario, mi consigliava la riprogrammazione propriocettiva tramite l’utilizzo del sistema Delos. Devo essere sincero, in fase iniziale non avevo grande fiducia di questo nuovo tentativo, ma seduta dopo seduta miglioravano i risultati della corsa e diminuiva ogni dolore: i test confermavano le mie sensazioni. La carenza di controllo propriocettivo, cioè la scarsa stabilità che caratterizza ogni appoggio del piede sul terreno, era stata la causa del mio male. A distanza di qualche anno, ho ripreso a correre regolarmente, comprese le lunghe distanze: ogni appoggio è adesso molto più stabile e rispettoso dei miei tendini.